LA SINDONE E L'ARCHEOLOGIA

Il rapporto tra la Sindone e l’Archeologia si configura come una relazione naturale tra il reperto e la scienza: indipendentemente dal dibattito sull’età del Lenzuolo, la Sindone costituisce infatti un reperto archeologico a tutti gli effetti, sia esso databile al I secolo, oppure ad un’epoca più vicina. Si definisce infatti reperto “ciò che è stato trovato”: sebbene gran parte della storia documentaria della Sindone non sia ad oggi a noi nota, sappiamo con certezza che il lungo telo è comparso nelle mani del cavaliere francese Geoffroy de Charny intorno alla metà del XIV secolo. Un oggetto ritrovato, dunque, anche se non ci sono note, ad oggi, le modalità di questo ritrovamento. Dal punto di vista strettamente archeologico, la Sindone si presta ad essere definita reperto anche per la sua natura di oggetto di enorme interesse storico, che si riferisce all’antichità. Sono molteplici i punti di vista in base ai quali possiamo analizzare questo oggetto secondo il punto di vista dell’Archeologia. In primis, l’analisi può riguardare il lungo telo di lino, manufatto tessile con caratteristiche ben precise. In secondo luogo, l’indagine deve soffermarsi sui vari elementi che connotano l’immagine impressa sul Lenzuolo, che rimandano alla Passione e morte di Gesù, richiamando in maniera immediata le atroci sofferenze di cui danno notizia i Vangeli, sempre però partendo dalla Storia per arrivare alla Sindone, e mai viceversa. È infatti necessario che la ricerca parta sempre dalle fonti (documentarie, materiali etc.) a nostra disposizione, e mai dalla Sindone stessa e dalle informazioni codificate su di essa. Partendo dunque dalle fonti disponibili (ad esempio per quanto riguarda la crocifissione e la flagellazione nel mondo antico), è necessario verificare l’eventuale compatibilità tra le modalità di flagellazione e crocifissione dei I secolo e le immagini presenti sulla Sindone. Dal punto di vista del tessuto, sappiamo che la Sindone è un telo di lino puro realizzato con torcitura a Z, e con una modalità di tessitura detta a saia o “a spina di pesce”. Ad oggi, non esistono resti di tessuti antichi di dimensioni ragguardevoli che mostrino le stesse caratteristiche della Sindone dal punto di vista delle caratteristiche tessili o delle modalità di fabbricazione. I tessuti sono materiali estremamente degradabili, dunque di facile deperimento all’interno dei contesti archeologici. La mancanza di tessuti aventi le medesime caratteristiche della Sindone non può quindi essere imputata senza ombra di dubbio al fatto che la Sindone sia di origine medievale, dal momento che ad oggi le testimonianze in questo senso sono molto scarse per tutta l’antichità (come anche per la stessa epoca medievale) e non consentono confronti soddisfacenti. Un ulteriore elemento di confronto con l’antichità riguarda la presenza dei segni di flagellazione sull’immagine sindonica: molti studiosi hanno tentato di comprendere se esista una compatibilità tra i segni di flagello visibili sul telo e gli strumenti che, secondo le fonti antiche, erano utilizzati per infliggere questo supplizio. Per lungo tempo, per descrivere lo strumento che sarebbe stato usato per flagellare l’Uomo della Sindone, è stato utilizzato il termine flagrum taxillatum. Un’analisi puntuale delle fonti ha però permesso di comprendere che l’utilizzo di questo termine, se associato alle torture applicate al Soggetto che fu avvolto nel telo, appare improprio: il flagrum taxillatum, ossia dotato di estremità contundenti dette appunto taxilli (cioè astragali di animali) era infatti legato a un ambito differente rispetto al mondo romano di I secolo. Nel mondo romano, lo strumento utilizzato per flagellare i condannati per reati più gravi era detto semplicemente flagrum, caratterizzato dalla presenza di terminazioni contundenti. Le tracce presenti sulla Sindone farebbero ipotizzare che il Soggetto avvolto nel telo sia stato flagellato con uno strumento di questo tipo. Non possediamo, ad oggi, resti di flagra sicuramente riconosciuti come tali, mentre dal punto di vista iconografico le raffigurazioni sono molto rare (in quanto questi strumenti non erano considerati adatti ad essere rappresentati, poiché pertinenti esclusivamente alla sfera delle punizioni corporali), anche se non del tutto assenti: esistono infatti alcune immagini databili a un periodo compreso tra il IV secolo a.C. e il I secolo in cui sono mostrati flagelli con estremità contundenti. Ciò dunque porta a non escludere che l’Uomo della Sindone sia stato flagellato con strumenti di epoca molto antica, ben anteriori al Medioevo. Per quanto riguarda la crocifissione, le testimonianze sono altrettanto scarse, poiché questo terribile supplizio non rientrò nelle raffigurazioni degli artisti fino al momento in cui esso divenne propedeutico alla riflessione sulla Passione di Cristo. Le uniche raffigurazioni antiche di uomini crocifisse sono di carattere ludico, e non permettono di stabilire con certezza la compatibilità tra questa forma di tortura nel I secolo e ciò a cui fu soggetto l’Uomo della Sindone. Indicazioni più chiare vengono però da raffigurazioni risalenti, comunque, ai primi secoli dell’Era Cristiana, in cui Gesù è raffigurato crocifisso secondo modalità compatibili con quanto “narrato” dalla Sindone. Anche in questo caso, dunque, non abbiamo prove certe, ma indizi significativi circa la possibile compatibilità tra la Sindone e pratiche molto antiche. Anche le occasioni di confronto tra la Sindone e le modalità di sepoltura di I secolo nel mondo ebraico sono molto rarefatte: le sporadiche testimonianze fino ad oggi rivenute hanno restituito una panoramica piuttosto varia per quanto concerne le modalità di seppellimento. I cadaveri potevano essere avvolti in sudari di lino, di lana o in sottili tappetini fatti di foglie di canna o di palme intrecciate. I confronti in questo senso sono molto complessi, poiché il numero dei ritrovamenti rinvenuti nelle tombe è esiguo, e non permette un’analisi strutturata. L’Archeologia non è dunque la materia che deve essere preferenzialmente interrogata per comprendere quale sia l’età della Sindone: le conoscenze a nostra disposizione in ambito archeologico sono ancora troppo frammentarie per consentirci di operare un confronto strutturato e completo rispetto ai vari aspetti di cui il Lenzuolo mostra evidenze. È però necessario sottolineare che nessuno degli elementi sopra citati porta a escludere che la Sindone possa essere un oggetto di I secolo. Restiamo dunque in attesa che nuove scoperte archeologiche – che sicuramente non mancheranno negli anni a venire – ci permettano di gettare ulteriore luce su questo meraviglioso mistero.

Dott.ssa Flavia Manservigi - Responsabile Delegazione Italia del Nord CISS